Vorrei poter dire di aver trovato in un cassetto dal legno incollato una fotografia da bordi scuciti, di aver esitato a lungo prima di prenderla tra le mani per paura di portare via parte del suo inchiostro monocromo. Vorrei poterlo dire perché ancora non trovo nei pixel la carica poetica di una pagina sgualcita.
Ricordo i momenti precisi in cui ho scattato le mie fotografie meglio riuscite. Ricordo il mio sguardo che attraversa l’occhio meccanico. Allo stesso modo non posso fare a meno di immaginare la sensazione di chi ha scattato le fotografie che non sto tenendo in mano, ma macchiano lo schermo del mio portatile.
Un cappotto leggero ed una sciarpa di cotone. Il vento è
gentile, lascia danzare la pioggerellina senza rovinare nessuna festa. Deve
essere Marzo. Sorride, finge imbarazzo. La luce è diffusa, l’immagine un po’ troppo chiara, le ombre
non esistono. Grida quest’immagine la primavera di un’amore che non conoscerà
mai la maturità. Dipinge i baci donati ad ogni angolo della strada, recita le
luci lasciate accese nelle notti d’amore, canta i lunghi sguardi tre i vetri
graffiati dei pullman e accarezza le lacrime cadute sulle cornette di due
telefoni lontani.
Uomo senza tempo, amico degli elfi, ma quelli saggi ed
anziani. Porta in sé la curiosità di un ragazzino e la stanchezza di un
vecchio. Dice di non essere mai tra le nuvole, ma perché tra una nuvola e
l’altra ha costruito un posto sicuro e capita che lo cerchi con gli occhi
mentre cammina. Fa domande per ricostruire storie, per decidere se
sorridere. Sorride solo se è felice. Ascolta, ma non sa guardare. Si sforza di farlo ed i suoi occhi
diventano fini come quelli di un vecchio amore orientale.
“Hai presente il discorso di Steve Jobs?” Quello dei puntini
risposi e lui si meravigliò che ne fossi a conoscenza nonostante sia tra i
video con più alto indice di sharing “Mi immagino gli altri 100mila che stanno
ancora cercando di unire quei maledetti puntini” sicuramente si allenano
facendo la settimana enigmistica, pensai a bassa voce. Lui lo fa con le
domande. “Perché ti piace fotografare?” partendo da questa domanda e modificandola dopo ogni mia insoddisfacente
risposta ha risolto l'enigma: mi piace la fotografia perché mi permette di
creare legami tra le persone. All'inizio pensavo che volesse solamente mettermi
in difficoltà e a volte lo credo ancora. Io alla prima domanda risposi “è un hobby”
Ci conoscevamo da circa un anno e mezzo e per la prima volta ballò davanti a me, come se fosse normale. Non credo che abbia mai realizzato quando fu emozionante per
me quel momento. Volevo saltargli addosso. Ma invece decisi di creare un legame
e gli scattai due fotografie.
Una mattina ha detto di avermi sognata. Ero un croissant al
cioccolato. Era stato facile mangiare le parti più semplici, immagino si
riferisse alle punte, ma non era riuscito ad arrivare alla confettura. Ha
insistito sulla potenza di questa metafora chiedendomi se ne avessi compreso il
senso. Io gli risposi che i sensi potevano essere molteplici, ma avrei dovuto
rispondere che i croissant non mi piacciono.